Museo Etnografico di Valtorta – Museo civico Alta Valle Brembana

L’esposizione museale, che ricostruisce idealmente gli ambienti più comuni del passato, documenta come l’uomo brembano abbia saputo, nel corso dei secoli, modificare, abbellendoli e rendendoli più funzionali, gli stessi attrezzi del lavoro quotidiano utilizzati da secoli, dando così prova di intelligenza creativa e di capacità di far fronte, con strumenti sempre più efficaci, alle nuove esigenze imposte dal mutare dei tempi e dalle contingenze.

La sistemazione del materiale nelle sale del museo obbedisce al principio di fornire al visitatore l’opportunità di comprendere la funzione e l’uso dei vari oggetti e di immaginare allo stesso tempo particolari momenti della vita umana legati a tale uso. Di conseguenza vi sono meticolosamente ricostruiti vari ambienti tipici, luoghi di lavoro, di svago ed interni delle abitazioni. Si possono così ammirare, assieme agli arredi propri della vita domestica, ambienti e strumenti tipici dell’artigianato: l’officina del fabbro, il desco del ciabattino e del fabbricante di zoccoli, il banco del falegname, la casera coni grandi caldari e le ramine, il filatoio della lana, il telaio, il tornio per il legno, il carretto dell’arrotino, ed una miriade di altri arnesi propri di attività un tempo importanti e di cui oggi resta solo il ricordo.

Numerosi sono gli attrezzi della lavorazione dei campi e dell’allevamento del bestiame, occupazioni che nei secoli sono state di gran lunga preponderanti nella zona e che ancora oggi mantengono una loro vitalità: arnesi della fienagione, dell’aratura, del boscaiolo, dell’apicoltore e del cacciatore. L’interno delle abitazioni è riproposto dettagliatamente con la ricostruzione completa dei vari ambienti: una camera da letto con il pagliericcio, l’armadio, la culla, gli abiti da lavoro e quelli della festa; la cucina con le casse panche, le credenze, la madia ed il focolare collocato al centro del locale.

I giochi dei bambini e gli strumenti che accompagnavano la loro crescita, tanto semplici e poveri e damigiane, un torchio e alcune tappatrici. Qui si apre uno dei luoghi più caratteristici dell’intero museo: la stia. Si tratta di un locale dal soffitto a volta (sciltro) annerito dal fumo e rischiarato da un’unica piccola finestra; al centro del pavimento in acciottolato sta il tipico focolare costituito da quattro pietre disposte a quadrato attorno ad un piccolo treppiede sopra il quale, appeso ad una catena (sòsta) infissa nella volta, sta un paiolo in ghisa. Non essendovi il camino, il fumo usciva da un’apertura della parte superiore della finestra. Ma era inevitabile che gran parte ristagnasse nel locale.

La stüa è il più antico esempio di cucina, un tempo in uso in tutte le abitazioni di Valtorta: a parte questa ricostruzione museale, in paese ne è rimasto un solo esempio all’interno dell’abitazione nota come Ca’ di Bram. Alle pareti sono appesi vari arnesi da cucina, parte in legno e parte in rame o altri metalli: vari coperchi, una bilancia, un attizzatoio, alcuni tostini per l’orzo, una lanterna, un paio di scaldaletti, un cestino, due palette per la farina; in un angolo è collocata una credenza sulle cui varie alzate trovano posto secchi, mestoli, piatti, ciotole e scodelle in legno, un mortaio con pestello e poi, taglieri, grattugie, imbuti posate e bicchieri. Completano l’arredo una cassapanca, una madia, un tavolo con panca, sedie e tagliere per la polenta, sgabelli, recipienti, zoccoli e un bilanciere per il trasporto dei secchi a spalla (bàsol).

Nel vano attiguo alla stila è stata ricostruita la bottega del calzolaio, con il desco, sgabelli, panchette, un tavolino e uno scaffale colmi di innumerevoli attrezzi da lavoro in legno e in metallo: lesine, pinze, chiodi, filo, tenaglie, trincetti, raspe, spazzole, calzascarpe, forme di varia foggia e misura. Accanto al desco la cavra, detta anche “fabbrica degli zoccoli” che il ciabattino azionava stando seduto e usando i piedi per tener fermo il ceppo da sbozzare e rifinire. Fra i prodotti finiti: galosce, zoccoli, scarponi, sapèi.

Sempre dal portico, attraverso la seconda porta di destra, si entra nell’antica stalla dei cavalli, dove è stata ricostruita la casera per la lavorazione del latte e la produzione del formaggio, attività che da sempre è alla base dell’economia locale.Si tratta di una sala molto ampia, dal soffitto a volta, con pavimento in acciottolato dove trovano posto oggetti di uso antico, ma ancora attuali: calderoni, caldere, ramine, spini frangi cagliata, presse per formaggio, una serie di zangole di varie epoche, mestoli, spannarole, stampi per il burro, fassere, cassette a scomparto per stracchini, secchi, termometri e la grande caldaia che fino a pochi anni fa era utilizzata nella latteria sociale di Valtorta.

Dal fondo del portico si sale al piano nobile attraverso una stretta scala in pietra, chiusa da un portone e da uno spesso muro nel quale si aprono tre piccole feritoie a gola di lupo che consentono il controllo dell’intero pianterreno. Il piano nobile si apre su un ampio corridoio dalla pianta corrispondente a quella del portico sottostante e con il pavimento in cotto e il soffitto foderato d’assi e sorretto da travi squadrate in legno. Lungo le pareti del corridoio sono collocati tre antichi orologi da torre, quattro cassepanche (scrégn) ben conservate, una madia e una panca; appesi ai muri alcuni affreschi (provenienti da strappi) di soggetto sacro, di epoca quattro-cinquecentesca. In due nicchie ricavate nella parete esterna sono sistemate lanterne da minatore e candelieri in legno. In un angolo è posta un’edicoletta devozionale contenente una Madonna del Rosario in cera, vestita di abiti in raso, pizzi e ricami. Sul lato sinistro del corridoio sono inoltre collocati i due originali della medaglia di Giacomo Manzù fatta coniare da Papa Giovanni XXIII in occasione delle Olimpiadi di Roma del 1960.

Sullo stesso lato si accede a tre sale dedicate agli ambienti della vita domestica: cucina soggiorno, camera da letto e angolo per il cucito e il rammendo. La prima sala è un’ampia cucina soggiorno dotata di caminetto in pietra, finestre luminose e pavimento in cotto. L’arredo è costituito da una bella credenza, un grande tavolo, una panca, una piattaia, una culla, un lavandino, un mantice per alimentare il fuoco, un filatoio e una serie di utensili per il focolare, la cucina e la mensa. Il secondo locale, più stretto del precedente, accoglie il laboratorio di sartoria, completo di macchine per cucire, a mano e a pedale, stiratore, cestini e bauli da lavoro, ferri da stiro a brace, aghi, uncinetti, ferri da maglia.

In fondo al corridoio si apre la camera da letto che si distingue dagli altri locali per il pavimento in legno; l’arredo è costituito dal letto in legno con pagliericcio e coperte di foggia artigianale, guardaroba, cassettone, cassapanca, comodini con lucerne a petrolio, due culle, due girelli, uno scaldaletto e, alle pareti, immagini sacre e acqua santiere. Attraverso un’angusta scala in legno si sale al secondo piano; anche qui si apre un corridoio con le stesse dimensioni di quello sottostante, ma assai meno elegante. In cima alle scale, proprio all’altezza del soffitto, sono visibili tracce di affreschi rappresentanti gli stemmi delle famiglie locali: si notano in particolare quelli dei Busi e dei Regazzoni.

Lo spazio del corridoio è arredato a bottega del falegname: due banchi da lavoro completi di morse e attrezzi del mestiere, una lunga panca, una scansìa, un tornio a pedale in legno, una pressa per il legno e una per l’olio di noce e tutto il corredo di utensili per la lavorazione del legno e la produzione di mobili e serramenti. Una particolarità di questo secondo piano è costituita dall’ingresso alla prima sala di sinistra che, diversamente da tutti gli altri, realizzati in serizzo squadrato, presenta una struttura ad arco in tufo. All’interno si apre un salone dedicato alla lavorazione del ferro, attività che per secoli fu economicamente rilevante per l’intera Valle Stabina:

Stampi, forge, bracieri, mantici, pinze di varie forme e dimensioni, incudini, martelli, mazze, saldatori, tondini, tenaglie, trapani, lime e una serie di oggetti tipici della produzione locale, quali chiavi, serrature, chiodi, ferri di cavallo, ferri da taglio, catenacci. Il secondo locale è adibito a deposito di oggetti non esposti, mentre l’ultimo è dedicato alla tessitura; al centro campeggia un grande telaio manuale con il quale si lavoravano la lana la canapa e il lino per produrre la “tela di casa”; Attorno sono disposti altri attrezzi semplici, ma funzionali: arcolai, rocche, fusi, pettini da lino e canapa, filatoi a pedale, rocchetti, aspi, scardassi, graticci e un insieme di piccoli oggetti con i quali, per secoli, le mani operose delle donne di Valtorta realizzarono i loro poveri corredi, fatti di calde coperte, ruvide lenzuola, tovaglie e tende, stoffe e panni di lana per vestire le loro famiglie.

Fin qui l’itinerario museale, ma all’interno dei vari ambienti trovano posto molti altri oggetti, residui di attività che pure hanno avuto un loro sviluppo: arrotini, calderai, carbonai, carpentieri, carrettieri, macellai, maniscalchi, muratori, seggiolai, spaccapietre, tornitori e altre categorie di artigiani hanno qui rappresentati gli attrezzi della loro fatica grazie alla quale venne garantito per secoli un prezioso contributo allo sviluppo della comunità valtortese.

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MUSEO ETNOGRAFICO ha sede nel palazzo dell’ex Pret. Veneta di Valtorta e l’esposizione si articola su tre piani. L’ordinamento del Museo prevede sezioni dedicate all’agricoltura, alla lavorazione del latte, a numerose attivita’ artigianali – tra le quali va segnalata la lavorazione del ferro – e a vari ambienti e lavori domestici. Attualmente gli oggetti esposti sono 2.000, di varie dimensioni ed epoche.

Risale agli inizi degli anni ‘80 l’idea di riunire in un museo le testimonianze della storia umana e sociale di Valtorta e dell’alta Valle Brembana. Lo scopo era quello di valorizzare e far conoscere gli oggetti e gli strumenti di un non lontano passato, usati quotidianamente da operose generazioni di contadini e artigiani in genere, ma anche di rilanciare l’immagine culturale del paese. Grazie all’intraprendenza del sindaco Piero Busi, del parroco di allora don Angelo Longaretti e dell’aiuto di un gruppo di volontari, fu reperito, rovistando nelle cantine e nelle soffitte delle case del paese, un primo nucleo di oggetti che fu sistemato in due sale messe a disposizione dalla Parrocchia.

Le ricerche continuarono e si estesero anche al territorio limitrofo. La quantità del materiale raccolto rese necessario il reperimento di una sede più idonea che fu identificata nell’edificio medievale noto come “Casa della Pretura Veneta” poiché era stato, un tempo, residenza del vicario che governava la comunità locale con poteri civili e penali. L’allestimento dei materiali esposti nelle sale intende offrire ai visitatori l’opportunità di capire la funzione, l’uso e l’evoluzione di attrezzi e strumenti e la possibilità di immaginare i momenti della vita umana legati a tale utilizzo.

ORARI DI APERTURA

Tutti i giorni dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 14.30 alle 18.00

 

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