Chiesa Parrocchiale di San Giuliano Martire – Albino

L’interno è diviso in tre navate da colonne corinzie reggenti la trabeazione, sulla quale poggia la volta a botte che copre la navata centrale, più alta rispetto le navate laterali, in modo da consentire l’apertura di finestre per l’illuminazione. A lato delle navate minori, che hanno copertura piana cassettonata, si sviluppano le cappelle con gli altari laterali, riquadrati da archi impostati su pilastri compositi. Gli altari laterali sono dedicati a: Santa Croce; S. Giuseppe; alla Beata Vergine del Rosario; ai Santi Cristoforo, Rocco e Sebastiano; alla SS. Trinità; S. Marco; ai Corpi Santi; S. Francesco.

La zona presbiteriale, terminante con un coro semicircolare e catino absidale, è rialzata rispetto al piano delle navate. Ispirata ai canoni neoclassici, la facciata ha una struttura imponente, accentuata dalla sporgenza dell’avancorpo centrale del pronao, sorretto da quattro colonne ioniche affiancate da due aperture con sovrastante lunetta, corrispondenti agli ingressi laterali. Un architrave unisce la parte inferiore a quella superiore, la cui parte centrale presenta un loggiato con ampia apertura ad arco, sul cui fondo si apre la finestra che illumina la navata centrale. In questo loggiato era stato collocato un gruppo scolpito nel conglomerato da Giacomo Manzoni, rimosso nel 1969. La sommità della facciata è completata da un timpano che il progetto Preda prevedeva decorato con mezzi busti. Sul fastigio c’erano le statue scolpite nel 1928 da Giuseppe Siccardi in pietra arenaria di S. Gottardo, rimosse nel 1955 perché rovinate.

Descrizione Storica

Il più antico documento che fa menzione della chiesa di S. Giuliano risale all’anno 898: è segnalata fra i confinanti di terreni di proprietà vescovile. La chiesa parrocchiale, sorta ai margini dell’antico abitato arroccato attorno al castello vescovile, fino al secolo XVIII conteneva le sepolture delle famiglie più ragguardevoli ed era circondata dal cimitero, professando la fede nella resurrezione dei morti. Il sagrato e la piazza antistante furono realizzati nel corso del XVI secolo. Il rifacimento del 1460, forse a seguito di un incendio, fu affidato al maestro Jacopo Lodigiano per dare alla chiesa un assetto più consono all’accresciuta ricchezza e tranquillità del borgo mercantile, conseguente al consolidamento del dominio di Venezia in terraferma.

La chiesa, conteneva 15 altari, espressione delle principali devozioni popolari, posti sotto il patrocinio delle locali Confraternite o delle famiglie più ragguardevoli. Il verbale della visita apostolica di S. Carlo Borromeo del 1575 ne fa una puntuale descrizione. Nella seconda metà del ‘600, passata la grave crisi demografica dovuta alla peste e la difficile situazione economico-istituzionale che porta il comune alla divisione in contrade a gestione autonoma, sono avviati notevoli lavori di abbellimento della chiesa con stucchi, dorature ed affreschi, completati nel 1731. Di essi rimangono ancora oggi significativi resti nella vecchia abside ed in una cappella annessa alla sagrestia. Gli altari sono ridotti a 12: l’altare di S. Sebastiano detto anche dei Corpi Santi perché ospita le reliquie dei SS. Giuliano ed Albino giunte in paese alla metà del ‘600; l’altare del SS. Rosario.

L’altare di S. Michele di iuspatronato della famiglia Bonasio; l’altare di S. Francesco col patrocinio dei Personeni; l’altare di S. Giuseppe diretto dalla Confraternita del SS. Sacramento; l’altare di S. Nicola da Bari col patronato della famiglia Cabrini; l’altare del Santissimo Nome di Gesù a cui era annessa l’omonima Confraternita; l’altare di S. Antonio abate col patrocinio della Scuola di S. Stefano ed in uso alla Scuola del Suffragio; l’altare della Visitazione della SS. Vergine e di S. Elisabetta col patrocinio dei Cedrelli; l’altare dello Spirito Santo col patrocinio della famiglia Marini; l’altare di S.Marco sotto la direzione della Scuola del SS. Sacramento e della Misericordia.

Una controversa ricostruzione della chiesa inizia verso il 1806, quando l’autorità civile (editto napoleonico di Saint Cloud Della Polizia Medica), per ragioni di igiene, impone di svuotare, calcinare ed interrare i numerosi sepolcri al suo interno. La popolazione reclamava una nuova chiesa, contro il parere del Conte Spini presidente della Fabbriceria e di alcuni consiglieri, e si diede l’incarico di approntarne il progetto all’architetto Simone Elia.

Furono abbattute le chiese di S. Stefano e dei Santi Lorenzo e Gottardo per ricavare i materiali per la nuova costruzione. Gli altari furono ridotti agli attuali nove. La ricostruzione fu eseguita dal 1807 al 1813 dai capimastri Pellegrini, Brini e Riccardi con notevoli modifiche in corso d’opera.

La nuova chiesa fu benedetta dal Vescovo Giovanni Paolo Dolfin il 26 ottobre 1816 e consacrata dal Vescovo Carlo Gritti Morlacchi il 6 settembre 1835. I lavori di abbellimento proseguirono per alcuni decenni. Nel 1971 su progetto dell’architetto Benvenuto Acerbis il presbiterio è stato ristrutturato in conformità delle nuove disposizioni liturgiche, con largo impiego di “macchia vecchia” messa in opera dalla Ditta Carlo Comana.

La fabbrica del campanile, iniziata nel 1497, durerà quasi un secolo; solo nel 1895, completato di cuspide, assume l’attuale aspetto con rivestimento in pietra albina del Boscone, sotto la direzione dell’architetto Don Antonio Piccinelli. Il concerto di nove campane in si bemolle con la settima mobile, fuso da Carlo Ottolina, è stato consacrato nel 1953. Solo nel 1892 l’architetto Antonio Preda redige il progetto della facciata.

 

Elementi Significativi

Numerose e di indubbio valore sono le opere custodite all’interno, tra le quali spiccano dipinti di Giovan Battista Moroni (Cristo in Croce con i santi Bernardino da Siena e Antonio da Padova nell’altare di S. Croce, Trinità nell’altare della SS. Trinità e uno stendardo nella sagrestia che raffigura da un lato la Vergine del rosario col Bambino e dall’altro la Visita di Maria a S. Elisabetta), Enea Salmeggia (Annunciazione nella cappella del confessionale), Gian Paolo Cavagna (Vergine con Bambino e i santi Rocco, Sebastiano e Cristoforo sull’altare dedicato ai tre santi.

Vergine con Bambino, San Giovannino con i santi Marco, Carlo Borromeo e Pietro sull’altare di S. Marco), Francesco Zucco (Madonna in gloria e i santi Lorenzo e Gottardo nella cappella del confessionale), Giambettino Cignaroli (Madonna con Bambino e con i santi Albino e Giuliano al centro dell’abside del presbiterio), del Padovanino (S. Francesco d’Assisi in preghiera nell’altare di S. Francesco), Gian Giacomo Barbello (Miracolo di S. Antonio da Padova nella sagrestia) e dei pittori locali Carnelli (il Morte di S. Giuseppe nell’altare di S. Giuseppe), Ceroni (Re David che suona la cetra, Santa Cecilia all’organo sui tendoni che coprono il complesso organario), Pezzotta (Il martirio di San Giuliano, Il voto di S. Giuliano e S. Basilissa rispettivamente a sinistra e destra nell’abside, e le 14 tele della Via Crucis), e Carobbio (San Luigi Gonzaga nella cappella del confessionale).

Importanti anche le opere scultoree del Manni marmista (ai lati dell’altare maggiore) e di Monti romano (sculture marmoree di S. Giuseppe e S. Caterina da Siena nell’altare della Beata Vergine del Rosario e statue di Carità e Fortezza sull’altare dei corpi santi). A cavallo tra il 2011 e il 2012, nel corso dei lavori di consolidamento degli stucchi Secenteschi della cappella nella sagrestia da parte del restauratore Freddy Ripamonti, sono stati scoperti degli affreschi Quattrocenteschi.

Emergono la figura di un angioletto e, sotto un altro strato, un occhio che appartiene a quello che si è poi dimostrato essere un volto di Cristo, una bella testa di san Cristoforo che gronda sangue dopo essere stata colpita dal persecutore che impugna una scimitarra: “la luminosità e la vivacità dei colori di questi affreschi sono straordinarie” (cit. Ripamonti). Sono state ritrovate, inoltre tra il materiale di riempimento di una nicchia, alcune palline di pelle riempite di crine di cavallo, probabilmente usate nel gioco del tamburello: “era abitudine lasciare qualche oggetto da parte di chi lavorava nella costruzione” (cit. arch. Benvi Acerbis).

Inaugurate le nuove campane di San Giuliano di Albino nelle giornate 20-21 ottobre 2012. Sabato 20 ottobre le campane sono state esposte in pubblica piazza per illustrare il lavoro di restauro e integrazione del concerto di 17 campane, composto da due ottave in Si bemolle maggiore con la presenza di due ‘mezze voci’, vale a dire semitoni per la modulazione tonale. In serata, conferenza partecipata presso la chiesa di San Giuliano a cura di Don Maurizio Rota, sacerdote del Sacro Cuore di Bergamo, sul tema del valore delle campane nella società attuale. Domenica 21 ottobre si è tenuto il Pontificale per opera di Monsignor Lino Belotti.

 

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